tag:blogger.com,1999:blog-17418028605401639822024-02-07T05:50:08.011+01:00Max Studios - Agenzia di traduzioniEstablished in 1997 in Bologna, Italy, Max Studios continues to successfully work in the comic books' field. But we are interested in widening our horizons and now able to offer translations and/or editing of texts/catalogues/books/scripts from/to Italian, Japanese, English, Portuguese, French, Russian, German, Spanish and more. Tight deadlines are not a problem for us. Contact us at maxstudios@hotmail.comMax Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comBlogger10125tag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-1619049779120547942023-11-24T10:49:00.000+01:002023-11-24T10:49:46.129+01:00Agenzia di traduzioni Max StudiosFondata nel 1997 a Bologna, e vincitrice di due premi dei fan, la nostra agenzia continua a lavorare con successo nel campo dei fumetti.<br />
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Al momento, tuttavia, siamo interessati ad ampliare i nostri orizzonti. Oltre ad articoli sul cinema e sulla TV, nonché sulla musica rock anglosassone, siamo in grado di offrire un servizio di traduzioni e/o editing di testi/cataloghi/libri/sceneggiature dal giapponese, francese, russo, inglese, portoghese, spagnolo all'italiano (e viceversa).<br />
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Dal 1997 ad oggi, il Max Studios ha collaborato nel campo dell'editoria con Panini Comics (Marvel Italia, Cult Comics, Planet Manga), Hachette, Gruppo Editoriale L'Espresso, Corriere dello sport, Carrefour, La Repubblica, Fabbri Editore, Edizioni Master, e Newton & Compton.Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-32989029333835822772023-11-24T10:39:00.002+01:002023-11-24T10:55:57.883+01:00Reportage sulla 80esima MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA di Pier Paolo Ronchetti <p><b>Reportage sulla 80esima MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA</b><br />di Pier Paolo Ronchetti </p><p>Giunta alla sua 80esima edizione, l’ennesima diretta di Alberto Barbera, la Mostra del cinema di Venezia, consolida il trend degli ultimi anni: sempre più spazio al cinema italiano, tutto targato RaiCinema, ed enorme presenza della cinematografia americano, con gli occhi puntati su quelli che saranno con ogni probabilità alcuni dei candidati agli Academy Awards della prossima edizione degli Oscar. Il risultato è che dei 23 titoli in concorso, quest’anno 6 erano prodotti nazionali e 6 statunitensi, lasciando poco spazio per il cinema di nazionalità diverse. Dalla forte presenza di cinema asiatico che aveva caratterizzato le edizioni dirette da Marco Müller, si è arrivati ad avere un solo giapponese in concorso, il non eccezionale <i><b>Il male non esiste</b></i>, del già affermato Ryusuke Hamaguchi, già vincitore di un Oscar per <i>Drive my Car</i>, qui alle prese con un apologo ecologico troppo lineare nel suo svolgimento perché la ricercata ambiguità del finale possa avere un efficace riverbero sulle due e ore e trenta che lo precedono.</p><p>Quanto ai tre titoli francesi selezionati, la sorpresa è stata di vedere inserito in concorso un film di Luc Besson, in genere associato a blockbuster europei di chiara ispirazione hollywoodiana e che con <i><b>Dogman</b></i> si distacca solo parzialmente dalla sua produzione abituale. Nel raccontare il rapporto simbiotico di un giovane emarginato con i suoi cani e delle violente esperienze in cui è suo malgrado coinvolto, Besson si affida alla straordinaria interpretazione spesso <i>en travesti </i>di Caleb Landry Jones e, purtroppo, al suo consueto repertorio di musica roboante e scene ad effetto.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3XdCOIdt42z6Cvtz6LgRZmu8iNjaDZE-KZJ8nHyJbs9LOF94fOwgOrmUlhvO4-6-XcidvCpGKeABEaURtWX9GyQLm-2y7JnrE0-6FF_Pz5Qe5nMTLoi-izSGQXvQ3eHJrbhozqhPtvwbinrlUcrVdOCE52AI5ZgXZOrTVMxMXS4TyHb7P8KX8aaikTGs3/s1293/the-beast-La-bete-2023-poster.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1293" data-original-width="1077" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg3XdCOIdt42z6Cvtz6LgRZmu8iNjaDZE-KZJ8nHyJbs9LOF94fOwgOrmUlhvO4-6-XcidvCpGKeABEaURtWX9GyQLm-2y7JnrE0-6FF_Pz5Qe5nMTLoi-izSGQXvQ3eHJrbhozqhPtvwbinrlUcrVdOCE52AI5ZgXZOrTVMxMXS4TyHb7P8KX8aaikTGs3/s320/the-beast-La-bete-2023-poster.jpg" width="267" /></a></div><br />Va molto meglio con <i><b>La bête</b></i> di Bertrand Bonello, uno dei massimi autori francesi contemporanei, pochissimo amato in Italia, che realizza, come di consueto un film ambizioso e narrativamente azzardato, sulle tre incarnazioni di una giovane donna (Léa Seydoux) in tre diversi periodi della storia, passata, presente e futura. <p></p><p>Fra i titoli statunitensi, molti erano all’insegna delle biografie di personaggi celebri. <i>Ferrari </i>di Michael Mann;<i> Maestro</i>, sul direttore d’orchestra Bernstein, di Bradley Cooper; <i>Priscilla</i>, sulla moglie di Elvis Presley, di Sofia Coppola; <i>Origin </i>di Ava DuVernay. Pur con esiti diversi, tutti sulla traccia del biopic più tradizionale. Delusione anche per l’attesissimo <i><b>The Killer</b> </i>di David Fincher, tratto da una graphic novel di Nolen e Jacamon e già in programmazione su Netflix, che al di là di un incipit potente e del memorabile cammeo di Tilda Swinton, stupisce per l’improbabilità del plot e una sostanziale indecisione nel registro stilistico. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKv8VS-LcR2WB9tj-DKKlUY-gkIF84AGXsdLvOmybfAp8iNvd3PXNLRicEsHpZHYKIY9IH8zx1ZCiID7X0j1e2Akk9zSGpdlEPPVeaRFGfKUPxedgOkfFxxS1XlfbDtQXQA-wFJrjIj6U6gKCMH8kLxha0Va29rgdFTWLz1fScZKpfPS5BuhO3CKDQEKjf/s2200/El%20Conde.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2200" data-original-width="1408" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKv8VS-LcR2WB9tj-DKKlUY-gkIF84AGXsdLvOmybfAp8iNvd3PXNLRicEsHpZHYKIY9IH8zx1ZCiID7X0j1e2Akk9zSGpdlEPPVeaRFGfKUPxedgOkfFxxS1XlfbDtQXQA-wFJrjIj6U6gKCMH8kLxha0Va29rgdFTWLz1fScZKpfPS5BuhO3CKDQEKjf/s320/El%20Conde.jpg" width="205" /></a></div><br />Molto meglio, un’altra produzione Netflix in concorso, programmata dalla piattaforma pochi giorni dopo la sua anteprima veneziana: <i><b>El conde</b></i> del cileno Pablo Larraín, che immagina, in un bianco e nero di stile espressionista, il dittatore Pinochet come un vampiro immortale. Larraín ha certo fatto di meglio (<i>Tony Manero</i>, <i>Post-Mortem</i>), ma anche di molto peggio (<i>Ema</i>, <i>Spencer</i>); qui fa coesistere abilmente le sue ricorrenti passioni, quella per la storia politica del suo paese e quella per l’immaginario horror, e il premio della Mostra alla miglior sceneggiatura è forse un riconoscimento non adeguato al risultato, specie all’interno di una selezione modesta come quella di questa edizione.<p></p><p>Dei troppi film della rappresentanza italiana, <i><b>Io, capitano </b></i>di Matteo Garrone, vincitore del premio della giuria e poi designato dall’Italia come candidato all’Oscar, è stato in sostanza l’unico successo della selezione, nonostante le ambizioni di alcuni dei titoli che la componevano. <br /><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU0XCoGlS9v-bJZ8cTYwYrwM_A3L72ovEXQh9PxxwI2Khp1USzvv8c_4n6Sg559JHLjj60ZNk8eDPAuvgLXS8P5O6iD-bxv5uvf9Stx9k3xBh6kk7521jNlASfjuyKeUQewnj-9d5PH8HEFo_Q1qsbageR79_lpvts959cWM-EmNX2Q6virfXzYYgdn7ab/s1227/Lubo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1227" data-original-width="874" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiU0XCoGlS9v-bJZ8cTYwYrwM_A3L72ovEXQh9PxxwI2Khp1USzvv8c_4n6Sg559JHLjj60ZNk8eDPAuvgLXS8P5O6iD-bxv5uvf9Stx9k3xBh6kk7521jNlASfjuyKeUQewnj-9d5PH8HEFo_Q1qsbageR79_lpvts959cWM-EmNX2Q6virfXzYYgdn7ab/s320/Lubo.jpg" width="228" /></a></div><br />Primo fra tutti, il lungo <i><b>Lubo</b></i> di Giorgio Diritti, storia delle persecuzioni nella Svizzera post bellica dei nomadi Jenish, dove a una prima parte in cui il regista azzecca le atmosfere e sfrutta al meglio il magnetismo del protagonista (Franz Rogowski, il più interessante giovane attore europeo), fa seguito una seconda metà, ambientata in Italia, all’insegna di una stucchevole estetica da fiction RAI. <p></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF7BCmmC65qFzQL1r2D8upfKOleXBMZVmrnuV01lyiBGbV6OAyTZdRW2MS99xOpte5hnvvFwSEvZCUtiO-Nq-L_90UAkoMbVXLYmlPP2iWfKsIIMKdgDLmbX9urJsZrSpgryqzjAmlx6aNp7AfcCJCFoO2pxvSSb6dfCq4F9eGrGPlET5VKqNUTEEN16_Z/s2560/PoorThings.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2560" data-original-width="1707" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgF7BCmmC65qFzQL1r2D8upfKOleXBMZVmrnuV01lyiBGbV6OAyTZdRW2MS99xOpte5hnvvFwSEvZCUtiO-Nq-L_90UAkoMbVXLYmlPP2iWfKsIIMKdgDLmbX9urJsZrSpgryqzjAmlx6aNp7AfcCJCFoO2pxvSSb6dfCq4F9eGrGPlET5VKqNUTEEN16_Z/s320/PoorThings.jpg" width="213" /></a></div><i><b>Povere creature</b></i>, vincitore del Leone d’oro, prevedibilmente dopo l’accoglienza entusiastica ricevuta, conferma il successo del greco Yorgos Lanthimos, al suo quarto film in lingua inglese, sulla scena globale. Lanthimos spinge, come già con il precedente <i>La favorita</i>, il pedale del grottesco, ricorrendo insistentemente all’obiettivo grandangolare deformante e a scenografie e costumi di ispirazione steampunk, nonostante l’ambientazione primonovecentesca. Aggiornando il mito di Frankenstein in chiave femminista, il film è perfettamente in sintonia con quello che ci si aspetta oggi da un film d’autore che mira al pubblico internazionale: temi alla moda e confezione lussuosa, trasgressività moderata e tono semiserio. E il tutto forse non risulterebbe così suggestivo senza la presenza, nel ruolo del ‘mostro’ sulla strada dell’emancipazione, di Emma Stone, alla sua ennesima eccelsa interpretazione.<p></p><p><br /></p>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-61265482181268142552022-11-08T17:46:00.001+01:002022-11-08T17:46:05.890+01:00Reportage sulla 79esima MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA di Pier Paolo Ronchetti<p><span style="font-family: georgia;">Prima edizione della Mostra del Cinema di Venezia a piena capienza, ma sempre con obbligo di prenotazione online, gestita da un operatore evidentemente poco avvezzo alla pratica e che ha provocato disagi durante tutta la durata del festival: posti non riservabili per sale poi rivelatesi semivuote, cancellazioni effettuate dai singoli (di posti che poi non venivano reinseriti nel circuito tornando a essere accessibili) sveglie all'alba per assicurarsi una manciata di <i>slot</i> e nessuna <i>rush line </i>prevista in caso di effettiva disponibilità.</span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 14.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: georgia;">È stata anche l’edizione del ritorno del cinema delle grandi produzioni, specie americane, molte targate Netflix, che questa volta è uscita, a differenza dello scorso anno, del tutto a mani vuote dalla competizione.</span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 14.6667px; margin-bottom: 0cm;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZuUI-dGLyp8jYYbrCWCjIdJzIgnLE0Bhsejyqwp3dI12gEVX3SIGHdCw7tR5t-26Rt4500-Rrxig8PFSwcii9Zs8nXuftocD1OROFUSKKrMkvF2PGqyT54RGQ1bRC_OCoReb6a2BxSeOcXP5-x0nNpZjVawkg3clzZJGX5zacKUSG2CAWXVKEDDQGRA/s1000/Bardo.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: georgia;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="667" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZuUI-dGLyp8jYYbrCWCjIdJzIgnLE0Bhsejyqwp3dI12gEVX3SIGHdCw7tR5t-26Rt4500-Rrxig8PFSwcii9Zs8nXuftocD1OROFUSKKrMkvF2PGqyT54RGQ1bRC_OCoReb6a2BxSeOcXP5-x0nNpZjVawkg3clzZJGX5zacKUSG2CAWXVKEDDQGRA/s320/Bardo.jpeg" width="213" /></span></a></div><span style="font-family: georgia;">In effetti, i titoli della piattaforma erano effettivamente fra i più deboli del concorso. <b><i>Athena</i></b> del francese Romain Gavras nonostante il suo stile da videoclip (Gavras è uno dei più noti registi del settore), il suo uso roboante della musica e i toni sentimentalistici di alcuni passaggi in chiaro contrasto con le ambizioni di durezza e denuncia del progetto, ha trovato i suoi estimatori per le sue audaci analogie con la tragedia greca. Ma <b><i>Rumore bianco</i> </b>di Noah Baumbach ha deluso quasi tutti gli estimatori del romanzo di Don DeLillo, uno dei massimi autori contemporanei, a cui giustamente il cinema ha sempre avuto timore ad accostarsi (si veda il fallimentare <i>Cosmopolis</i> di David Cronenberg). È andata ancora peggio a <b><i>Blonde</i>, </b>mastodontico progetto di Andrew Dominik basata sulla biografia romanzata di Marylin Monroe di un’altra stella della letteratura contemporanea, Joyce Carrol Oates. Fatto a pezzi quasi unanimemente dalla critica, il film ha naturalmente trovato il suo pubblico su Netflix, ma la sua fortuna sembra già definitivamente tramontata. <br />Ancora più sorprendente è il risultato di <b><i>Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades</i>, </b>uno dei film più attesi della Mostra, il ritorno di Alejandro Iñarritu in Messico, dopo una serie di grandi successi statunitensi. Come troppi prima di lui, Iñarritu cede alla tentazione di fare un film su stesso, e il suo<span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">8½ </span></i></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">si rivela particolarmente indigesto, un </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">vanity project</span></i></span><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><span style="letter-spacing: 0.4pt;"> sentenzioso, ripetitivo, </span><span style="letter-spacing: 0.533333px;">auto-indulgente</span><span style="letter-spacing: 0.4pt;">, di oltre tre ore, girato quasi interamente con obiettivo grandangolare e appesantito da una visionarietà che non è, evidentemente, nelle corde del regista.</span></span></span><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; letter-spacing: 0.4pt; line-height: 14.6667px; margin-bottom: 0cm;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGxpCZ0U1UYfRkBVhSwn_X3Crr228R2CUk3so1VvDcpE9qRTp2F0LByS_DZf-clYhPvBWC7Uaj1uBmTLpfcg8LbUv-Omvpy-_B-nsNL9hih8ZCsnWjaypn7RaN3DQAXKQEZyyqTrOK2OCmf79C6FWEgL_dQxY0v3ZFeIZDnEIfxcJ7qN9OWY5TONdKdQ/s4096/Bones.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-family: georgia;"><img border="0" data-original-height="4096" data-original-width="2765" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGxpCZ0U1UYfRkBVhSwn_X3Crr228R2CUk3so1VvDcpE9qRTp2F0LByS_DZf-clYhPvBWC7Uaj1uBmTLpfcg8LbUv-Omvpy-_B-nsNL9hih8ZCsnWjaypn7RaN3DQAXKQEZyyqTrOK2OCmf79C6FWEgL_dQxY0v3ZFeIZDnEIfxcJ7qN9OWY5TONdKdQ/s320/Bones.jpg" width="216" /></span></a></div><span style="font-family: georgia;"><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">La fortuna ha invece arriso a Luca Guadagnino, che con il modesto horror cannibalistico/adolescenziale </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>Bones and All</i></span></b></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i> </i>ha interrotto la serie di insuccessi seguiti alla sua consacrazione internazionale con </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">Chiamami col tuo nome</span></i></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> ed è stato, generosamente, premiato con il Leone d’argento per la migliore regia. </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>Gli spiriti dell’isola</i> </span></b></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">(</span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">The Banshees of Inisherin</span></i></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">) del drammaturgo irlandese Martin McDonagh (</span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">Tre manifesti a Ebbing, Missouri, In Bruges</span></i></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">), ha ottenuto il premio alla migliore sceneggiatura e a Colin Farrell come migliore attore. Farrell è stato preferito al favorito Brendan Fraser, che nel ruolo di un misantropo affetto da obesità in </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>The Whale</i> </span></b></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">di Darren Aronofsky, adattato da un testo teatrale, ha fatto un ritorno in grande stile dopo che il brusco arresto subito dalla sua carriera da almeno un decennio.</span></span></span><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; letter-spacing: 0.4pt; line-height: 14.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">È stato comunque un film statunitense a vincere il Leone d’oro, il documentario di Laura Poitras sulla grande fotografa Nan Goldin. </span></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>All the Beauty and the Bloodshed</i></span></b></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> racconta l’artista alle prese con la sua battaglia contro la casa Purdue Pharma, responsabile della produzione di un oppiaceo rivelatosi in alcuni casi letale, e ripercorre le tappe più importanti della sua carriera fotografica. Ma è proprio la natura sostanzialmente disomogenea del documentario, che non trova un equilibrio convincente fra le sue due anime, a non produrre un risultato rilevante. Che è invece quello raggiunto da </span></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>Tár</i>, </span></b></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">il primo film di Todd Field dopo il fortunato </span></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">In the Bedroom</span></i></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> (2002) e dopo il sottovalutato </span></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">Little Children</span></i></span><span style="font-family: georgia; letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> (2001).</span></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><p><span style="font-family: georgia;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhapLPfvf_Xdb7O-vWM0Js8AsjokmE3Up3oinUV02bWZadtA_SptlomBNf_PB9DBf7SwDqVZ9gELI-1RZW-Ue9k7BX1wstgoQOngWTSVr8E7pvlLOe6d9OvHbkKfcIIFImANMYkcNFrMdoaNke8Mvyp5g1kmvKdhoGWjqYvFiZueE_mYwU4mh2ugo2TDA/s1481/TAR-Movie-Poster.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1481" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhapLPfvf_Xdb7O-vWM0Js8AsjokmE3Up3oinUV02bWZadtA_SptlomBNf_PB9DBf7SwDqVZ9gELI-1RZW-Ue9k7BX1wstgoQOngWTSVr8E7pvlLOe6d9OvHbkKfcIIFImANMYkcNFrMdoaNke8Mvyp5g1kmvKdhoGWjqYvFiZueE_mYwU4mh2ugo2TDA/s320/TAR-Movie-Poster.jpg" width="216" /></a></span></p></div><div style="text-align: left;"><span style="font-family: georgia;">Cate Blanchett, nel ruolo più impegnativo della sua brillante carriera, si è giustamente aggiudicata la Coppa Volpi come migliore attrice, ma è singolare che uno dei film americani più interessanti degli ultimi anni sia stato sostanzialmente giudicato irrilevante dalla critica italiana e da un festival che da tempo si rappresentare una sorta di anteprima ai premi degli Academy Award dell’anno successivo. Perché <span style="letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>Tár</i></span></b></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> avrà certamente svariate </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">nomination</span></i></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> agli Oscar; la vittoria di Cate Blanchett è quasi scontata, quella del film molto dubbia. Nonostante la critica d’oltreoceano abbia parlato del ‘grande film americano’ che non si vedeva da anni, e tratti temi molto alla moda, </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><b><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><i>Tár</i> </span></b></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);">ha un approccio talmente obliquo e sofisticato da renderlo in tal senso un candidato problematico. Parte come un austero film sul mondo della musica classica, il ritratto molto </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">glamour</span></i></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><span style="background: rgb(255, 255, 255);"> di una grande direttrice d’orchestra, e si prende parecchio tempo prima di virare, a circa metà racconto, verso una riflessione sulla </span></span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"><i><span style="background: rgb(255, 255, 255);">cancel culture</span></i></span><span style="background: rgb(255, 255, 255);"><span style="letter-spacing: 0.4pt;">, che assume toni sempre più misteriosi fino a divenire una sorta di thriller. È un film complesso, coraggioso e atipico nel panorama del cinema d’oggi, non solo americano, che contiene almeno due film diversi, forse tre considerando lo spiazzamento generato dal suo segmento finale, che conduce a un epilogo imprevedibile e tanto più efficace quanto in gran parte lasciato </span><span style="letter-spacing: 0.533333px;">all'interpretazione</span><span style="letter-spacing: 0.4pt;"> dello spettatore.</span></span></span></div><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; letter-spacing: 0.4pt; line-height: 14.6667px; margin-bottom: 0cm;"><br /></p>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-12456280045144998542021-10-11T14:56:00.013+02:002021-10-22T12:19:53.635+02:00Reportage sulla 78esima MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA di Pier Paolo Ronchetti<p style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">L’edizione della riscossa post(si fa per dire)-Covid è stata acclamata dalla stampa, non solo nazionale, con grande calore fin dai primi giorni, quando sono stati presentati film di grossi nomi, tutti generosamente accolti: questo nonostante fin dalle prime battute sia stato chiaro che l’alta partecipazione, con regole di distanziamento identiche a quello dello scorso anno, quando pubblico e accreditati erano forse un terzo, avrebbe causato qualche problema nella prenotazione dei posti e nel conseguente accesso alle sale.</span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: georgia;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA9T_3vOwXXhrf_e_ivwWi6KmGEdN_NZOdpX-XsalGNqWbBS64D0ap64cEJkwod0ibDb92zoOj3YXnAYtrsE6vg544n6EWkPPjFKiqlv-OT4AWJm4orA_nrqTL2mYprRACpwJAOsj0sdpF/s600/Madres.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA9T_3vOwXXhrf_e_ivwWi6KmGEdN_NZOdpX-XsalGNqWbBS64D0ap64cEJkwod0ibDb92zoOj3YXnAYtrsE6vg544n6EWkPPjFKiqlv-OT4AWJm4orA_nrqTL2mYprRACpwJAOsj0sdpF/s320/Madres.jpg" width="224" /></a></span></p><div style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">Non c’è dubbio che l’inaugurazione con una prima importante, quella di <b>Madres parallelas </b>di Pedro Almodóvar, abbia immediatamente ben disposto critici e spettatori. Anche se l’ultimo film del regista spagnolo non sarà ricordato come uno dei titoli più importanti della sua filmografia. Partendo da una premessa un po’ ovvia - uno scambio di neonate in ospedale - e procedendo su un doppio binario narrativo, quello della vicenda personale e quello della resa dei conti con il passato franchista del paese, <i>Madres</i> non ha il ritmo e le invenzioni visive delle opere più celebrate di Almodóvar. Siamo più dalle parti di <i>Julieta</i> che da quelle del suo exploit <i>Dolor y gloria</i> anche se, come sempre, il regista fa meraviglie con i suoi attori, e la Coppa Volpi a Penelope Cruz è incontestabile. La bravura di Cruz è evidente anche in un altro film del concorso, <b>Competencia oficial</b> degli argentini Cohn e Duprat, una superficiale, ma divertentissima commedia sul mondo del cinema.</span></div><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"></div><p></p><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">Sempre nei primi giorni del festival, molti hanno manifestato entusiasmo per <b>È stata la mano di dio</b> di Paolo Sorrentino e <b>The Power of the Dog </b>di Jane Campion, prodotti da Netflix. Ma, entrambi premiati con riconoscimenti importanti, non aggiungono molto alle filmografie dei rispettivi registi. Il primo segue l’estetica consolidata del regista napoletano, una deformazione grottesca che si vorrebbe ispirata a Fellini, ma che ricorda sempre più evidentemente gli eccessi, molto amati negli Stati Uniti, del cinema di Lina Wertmuller. O, almeno, lo fa nella prima parte, per poi mutare registro in favore di una elegia autobiografica sentimentale e fortemente didascalica. Campion, invece, da tempo lontana dal cinema, confeziona un western intimista visivamente elegante ma inerte, poco incisivo nella descrizione del machismo di una comunità rurale.</span></div><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8Kbvz0dIgY93-iAwWobOnU7OvCac6tTTIXS44a5TCvsYv_tzTLxxlOp6ZdSNNWsabXozl8ka5yJe_00G51lq1ZzzecrKig5H_K-fjM3dh3JJFpP6eUPL_IRUd61O4YFLEYmDNK1rDTCV3/s1429/Freaks.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: georgia;"><img border="0" data-original-height="1429" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8Kbvz0dIgY93-iAwWobOnU7OvCac6tTTIXS44a5TCvsYv_tzTLxxlOp6ZdSNNWsabXozl8ka5yJe_00G51lq1ZzzecrKig5H_K-fjM3dh3JJFpP6eUPL_IRUd61O4YFLEYmDNK1rDTCV3/s320/Freaks.jpg" width="224" /></span></a></div><p style="text-align: left;"></p><div style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;"><span>Almeno a livello di riscontro internazionale, il cinema italiano, presente nella competizione principale con cinque titoli, ne esce comunque meglio del solito. </span><b>Il buco </b><span>di Michelangelo Frammartino, severa ricostruzione di una spedizione speleologica del 1961 e </span><b>Qui rido io, </b><span>ritorno in forma di Mario Martone dopo il disastroso </span><i>Capri Revolution</i><span>, erano i titoli migliori della selezione nazionale, mentre le grandi delusioni sono arrivate dai due titoli più attesi. Il blockbuster italiano </span><b>Freaks Out </b><span>è un costosissimo e pasticciatissimo film di genere nostrano, ambizioso e singolarmente privo di ritmo - su una compagnia di circensi con superpoteri ai tempi dell’occupazione nazista di Roma - che rischia di cancellare per sempre il credito che Gabriele Mainetti si era guadagnato con il suo film d’esordio, </span><i>Lo chiamavano Jeeg Robot</i></span><span><span style="font-family: inherit;">. </span><br /><span style="font-family: georgia;"> </span><br /></span></div><div style="text-align: left;"><span><span style="font-family: georgia;"> <br /></span></span><span style="font-family: inherit;"><b>America Latina</b><span> segna invece una battuta d’arresto nell’ascesa dei gemelli D’Innocenzo, apprezzati per il precedente </span><i>Favolacce</i><span>, che qui inciampano in un tentativo di cinema astratto e autoriale che richiederebbe un rigore e una consapevolezza espressiva purtroppo latitanti.</span></span></div><p></p><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: georgia;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjK7_8IEx5JTb6ncnSivbc1E4IgxaOgVrib0FMrwQqlsACFlJbVX0EVh2rk7oxEN9H8WgXOCemha3ahwazAmEhtj9GsfAX7ooorJJYSM1wiSJb-gvW3BwccDsDXfFBNoe5Ae3naJA9nLo_J/s625/L%2527evenement.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="clear: left; float: left; font-family: georgia; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="625" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjK7_8IEx5JTb6ncnSivbc1E4IgxaOgVrib0FMrwQqlsACFlJbVX0EVh2rk7oxEN9H8WgXOCemha3ahwazAmEhtj9GsfAX7ooorJJYSM1wiSJb-gvW3BwccDsDXfFBNoe5Ae3naJA9nLo_J/s320/L%2527evenement.jpg" width="215" /></span></a></div><span style="font-family: georgia;"><br /></span><div style="text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">Le cose più interessanti erano, come accade spesso, opera di autori meno conosciuti. Per esempio, la francese Audrey Diwan, che si è portata a casa il Leone d’oro, consolidando la tendenza in atto da oltre un anno nei festival di dare il massimo riconoscimenti a film firmati da donne. <b>L’Evénement </b><span>(in Italia </span><i>La scelta di Anne</i><span>) è il racconto del calvario di un’interruzione di gravidanza nella Francia degli anni 60 e dell’aborto ancora illegale. Non è un film sorprendente, nella sua classicità narrativa, ma molto controllato e ricco di sfumature, senza cedimenti nel ritmo né incertezze nell’allestimento.</span></span></div><p></p><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: inherit;">Non era certo uno sconosciuto il venezuelano Lorenzo Vigas, avendo vinto Venezia nel 2015 con <i>Ti guardo</i>, forse il Leone d’oro più ignorato degli ultimi anni. Di nuovo in competizione con <b>La caja, </b>un altro sottile rompicapo psicologico a due personaggi maschili all’insegna della ricerca e della perdita della figura paterna. La giuria non ha ritenuto di segnalarne la precisione della sceneggiatura né l’eleganza della regia. Una scelta distratta, come quella, ancora più incomprensibile, di non premiare quello che era forse il miglior film del concorso: quantomeno il più audace e vorticoso, nelle sue oltre due ore di sfoggio di bravura tecnica e opulenza estetica.</span></div><div style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><br /><span style="font-family: inherit;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqv4ISHgCDxIZGYgffGKUV2htmiF_R3685W1JyjwK1Kq3MeruD1IR0Yrs5EjSur-lR_hY2R6A3dmxl6qje24s9DTwt2CwKP1P8AxlywAzKUYnaXjtP51kH7M9F8kinZ24qPpvhpqJgg46s/s1620/Il+capitano+Volkonogov.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1620" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqv4ISHgCDxIZGYgffGKUV2htmiF_R3685W1JyjwK1Kq3MeruD1IR0Yrs5EjSur-lR_hY2R6A3dmxl6qje24s9DTwt2CwKP1P8AxlywAzKUYnaXjtP51kH7M9F8kinZ24qPpvhpqJgg46s/s320/Il+capitano+Volkonogov.jpg" width="213" /></a></div><b>Il Capitano Volkonogov è fuggito </b>della coppia di cineasti russi Natasha Merkulova e Aleksey Chupov è il racconto tutt’altro che realistico, con sfumature grottesche e oniriche, delle purghe staliniane del 1938, e del clima di reciproco sospetto serpeggiante fra le file degli ufficiali incaricati di scovare, quasi sempre di inventare, i soggetti controrivoluzionari. Molti, soprattutto fra i critici italiani, hanno storto il naso per l’adesione del film alle regole dell’action movie (in realtà ribaltandole e contaminandole); per chi scrive è invece stato l’unico colpo di fulmine dell’intero festival.</span></div><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: georgia;"><br /></span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 22px; margin-bottom: 0cm;"><span><span style="font-family: georgia;"><b>Pier Paolo Ronchetti</b></span></span></p>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.com0Bologna, Metropolitan City of Bologna, Italy44.494887 11.342616216.184653163821153 -23.813633799999998 72.805120836178844 46.4988662tag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-33235683709543497072020-10-07T17:38:00.013+02:002023-11-24T10:50:47.361+01:00Reportage sulla 77esima Mostra del cinema di Venezia di Pier Paolo Ronchetti <p><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><span> </span><span>di <b>Pier Paolo Ronchetti</b></span></span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">Il primo grande festival di cinema nel mondo afflitto dal Covid, dopo quella che è stata in pratica la cancellazione di Cannes e Locarno, si è rivelato un successo. Piuttosto imprevedibile, viste le incerte premesse, dovute al drastico calo di presenze di film, spettatori e addetti ai lavori, necessarie per mantenere le misure di sicurezza. Le moltissime repliche, specie dei film in concorso (12 in luogo delle consuete 5) hanno permesso di fruire dell’intero programma senza code e soprattutto senza percezione del rischio. </span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">L’assegnazione dei premi ha comprensibilmente suscitato qualche malumore. Soprattutto per quanto riguarda il Leone d’oro. Arrivato come superfavorito, perché unico film interamente americano in concorso, prevedibile candidato ai prossimi Oscar (di cui da troppi anni il festival si propone di essere la vetrina, trascurando spesso il cinema non anglofono), <b><i>Nomadland</i> </b>di Chloé Zhao, autrice del successo di nicchia <i>The Rider</i> e regista dell’imminente Marvel movie <i>The Eternals</i>, è un prodotto <i>indie</i> senza sorprese. Si può apprezzare la finezza dello sguardo nell’osservazione di un gruppo di senzacasa che attraversano un’America povera e grigia e l’interpretazione sottile di Frances McDormand, ma è un America che ci è stata raccontata meglio e con più coraggio dal glorioso cinema statunitense degli anni 70 o più recentemente dai film (inediti in Italia) di Kelly Reichardt (<i>Certain Women</i>, <i>Wendy & Lucy</i>). Qui alcune scelte non banali vengono vanificate dal desiderio di non spingersi nei territori della sgradevolezza e da una melensissima musica di Ludovico Einaudi che contraddice la secchezza a cui la narrazione sempre a tratti mira. </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhBeIXnz76GiQKNpK6mVpnIdpWnYEUx5XSK6qhn3cYCIU0fuR5iRPvZS2BydpVIAY1JlUzJAT2UyU3dutUCFlGYYAojrMW7CUsPA_PldVWW_EKG9p4sCzkVUFEvlXP_93YECHN7mMR2di18/s1280/nomadland-45582.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="702" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhBeIXnz76GiQKNpK6mVpnIdpWnYEUx5XSK6qhn3cYCIU0fuR5iRPvZS2BydpVIAY1JlUzJAT2UyU3dutUCFlGYYAojrMW7CUsPA_PldVWW_EKG9p4sCzkVUFEvlXP_93YECHN7mMR2di18/s320/nomadland-45582.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><br /></span><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">Al di là di questo Leone d’oro “prenotato”, la giuria è stata in grado comunque di segnalare i migliori film del concorso. A iniziare dal vincitore del secondo premio, il Gran Premio della giuria, il messicano <b><i>Nuevo Orden</i></b> di Michel Franco, da sempre indagatore, mai compiaciuto però, dei lati oscuri della natura umana. Discostandosi dalle storie private dei suoi precedenti, Franco firma il <span style="color: black;"><span lang="it-IT">suo</span></span> film più ambizioso, la cronaca, violenta e incalzante, di un colpo di stato attuato dalle classi basse in povertà estrema, con il probabile sostegno di gerarchie militari che sembrano usare in realtà l’occasione per rafforzare lo status quo. Piaciuto pochissimo alla stampa italiana, e perlopiù indicato come il migliore della Mostra da quella straniera, è un film che non lascia indifferenti. Gli <i>haters </i>parlano di morbosità e di ambiguità politica; miope comunque non riconoscere il senso della forma e del ritmo con cui Franco costruisce un pezzo di cinema senza compromessi, breve, ricco e dal poco rassicurante finale. </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxS8ccenQ7hFod1ECFv4IgGmRQews9W-y1HFOfcAmISYNhFIUU0cmIQzjSsf7AgYlra6BzC4PzouBRvP5Jg6n9MNBso7DV7pIV-bZFt8g-TattqfdrP25yJ8bWDl75OTG5F8grbVmp-EnI/s1080/nuevo.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1065" data-original-width="1080" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxS8ccenQ7hFod1ECFv4IgGmRQews9W-y1HFOfcAmISYNhFIUU0cmIQzjSsf7AgYlra6BzC4PzouBRvP5Jg6n9MNBso7DV7pIV-bZFt8g-TattqfdrP25yJ8bWDl75OTG5F8grbVmp-EnI/s320/nuevo.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><br /></span><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">A parte il premio alla regia all’inerte giapponese <b><i>Wife of a Spy</i></b> di Kiyoshi Kurosawa, gli altri film migliori della selezione, hanno ricevuto un riconoscimento, per quanto forse troppo modesto rispetto al loro valore. </span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkQ1rnLi5hRIiFnx_g-OqWR4VTCrtCR-LmjTny32lrx0hRDxdko7EzH0QuFFOfIaDVN7Q1VMtafvY9wf6O4eojJ7-tDmkpx2qL9KUF6FSfzqQ_FmphM0HZVL_vovYiV7t-FnALgjZ9VwVl/s283/Konchalovsky-Dear-Comrades-review.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="283" data-original-width="200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkQ1rnLi5hRIiFnx_g-OqWR4VTCrtCR-LmjTny32lrx0hRDxdko7EzH0QuFFOfIaDVN7Q1VMtafvY9wf6O4eojJ7-tDmkpx2qL9KUF6FSfzqQ_FmphM0HZVL_vovYiV7t-FnALgjZ9VwVl/w226-h320/Konchalovsky-Dear-Comrades-review.jpg" width="226" /></a></span></div><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><br /></span><p></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><span>Il premio speciale al russo </span><span><b><i>Cari compagni </i></b></span><span>di Andrey Konchalovsky è forse un contentino inadeguato per l’opera di un regista, che, giunto a 83 anni, ha fatto il suo film più giovane e dinamico da anni. Nel rievocare un triste episodio di repressione delle autorità dell’URSS nei primi anni 60, Konchalovsky evita le consuete trappole predicatorie del cinema antisovietico successivo al crollo dell’Unione, e pur raccontando un periodo drammatico, lo fa con obiettività e moderata quanto imprevedibile ironia.</span></span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiPyOTLGzJ_ry_d3WbhBQQUorbYJFAor4nLAdWEqYcvp81WH3nEuIItRPuEzjOHG3MTXhVCFzjlmQWtCfpI5JQUuNK9SEt-ap-zcPwDilbbun_bOIOWpTUCaSCPqfn592-JKDVcAaIveUs/s1024/The_Disciple_2020_poster.jpg" style="clear: right; display: inline; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="710" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiPyOTLGzJ_ry_d3WbhBQQUorbYJFAor4nLAdWEqYcvp81WH3nEuIItRPuEzjOHG3MTXhVCFzjlmQWtCfpI5JQUuNK9SEt-ap-zcPwDilbbun_bOIOWpTUCaSCPqfn592-JKDVcAaIveUs/w222-h320/The_Disciple_2020_poster.jpg" width="222" /></span></a><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">Il premio alla sceneggiatura a <b><i>The Disciple</i>, </b>opera seconda dell’indiano Chaitanya Tamhane, già vincitore della sezione Orizzonti qualche anno fa, non segnala forse ciò in cui il film eccelle, cioè nel riuscire a trasmettere in modo affascinante e preciso le atmosfere legate alla musica classica indiana, riuscendo a interessare anche lo sprovveduto spettatore occidentale: il premio alla regia sarebbe stato più consono. <br /><span>Purtroppo, i film italiani in concorso, come al solito in numero nutrito, con la parziale eccezione di </span><b><i>Miss Marx</i></b><span> di Susanna Nicchiarelli (che però non ripete l’exploit del precedente</span><i> Nico 1988</i><span>) e di </span><b><i>Notturno</i>, </b><span>il nuovo documentario di Gianfranco Rosi, il cui approccio distanziato e forse estetizzante rischia di mostrare la corda, hanno deluso. Particolarmente indigesto </span><b><i>Le sorelle Macaluso</i></b><span> dell’acclamata regista teatrale Emma Dante, che fatica a trovare una cifra espressiva al cinema: tutti colpi bassi per solleticare l’emotività dello spettatore. In un festival pieno di film firmati da donne, Dante tocca il punto più basso.</span></span></p><p class="western" style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; direction: ltr; line-height: 26.6667px; margin-bottom: 0cm;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;">Ma non era solo nei titoli diretti da donne che brillavano le interpretazioni femminili, tant’è che il meritato premio a Vanessa Kirby (presente con due film e premiata per <b><i>Pieces of a Woman</i></b>) ha costretto a ignorare molte altre performance di alto livello: dalla protagonista di <b><i>Cari compagni</i>, </b>Yuliya Vysotskaya, a quella del bosniaco <b><i>Quo vadis, Aida?</i></b>,<b> </b>alla stessa Romola Garay di <b><i>Miss Marx</i>.</b></span></p>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comBologna, Metropolitan City of Bologna, Italy44.494887 11.342616216.184653163821153 -23.813633799999998 72.805120836178844 46.4988662tag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-58820414659989798902019-10-14T17:59:00.003+02:002019-10-15T10:04:10.619+02:00Reportage sulla 76a Mostra del Cinema di Venezia a cura di Pier Paolo Ronchetti<style type="text/css">
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<br />
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWritB82DznEA6d9kHwoWys2cIw2U3OUk2xhUme1G2iHj9lj4K5XhPsBT7Tj0WtUZp0b68pgAewM-Yqu2TVHH2lDjUco2-F0geNC4HC88bUIpb4uKeLvHjgw_mFT1z1ZpCcqFzuiLlNj2I/s1600/76a+mostra.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWritB82DznEA6d9kHwoWys2cIw2U3OUk2xhUme1G2iHj9lj4K5XhPsBT7Tj0WtUZp0b68pgAewM-Yqu2TVHH2lDjUco2-F0geNC4HC88bUIpb4uKeLvHjgw_mFT1z1ZpCcqFzuiLlNj2I/s320/76a+mostra.jpg" width="320" /></a><br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfFuJZwFa85YwYfv3UNmvbTKyRNOyncv17BkaXV2988JfzUJ1VkAfRc_h1cMathTJQr7vHtnrbLR_KFtZRL1kkEjTlVonFoZ9HwzNQElJ-2assaJAxlNYhrVHZPf-Zn_2VSU6ZX4lQWhK4/s1600/joker.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><span style="font-family: inherit;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="674" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjfFuJZwFa85YwYfv3UNmvbTKyRNOyncv17BkaXV2988JfzUJ1VkAfRc_h1cMathTJQr7vHtnrbLR_KFtZRL1kkEjTlVonFoZ9HwzNQElJ-2assaJAxlNYhrVHZPf-Zn_2VSU6ZX4lQWhK4/s320/joker.jpg" width="215" /></span></a></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;">In
un’edizione qualitativamente non entusiasmante, ma presa d’assalto
dal pubblico e dagli addetti ai lavori come nessuna delle precedenti,
la sorpresa maggiore, almeno finché il film non è stato proiettato,
era l’inserimento in concorso, per la prima volta nel programma di
un grande festival internazionale, di una pellicola ispirata
all’universo dei comics. Tanto più che a guidare la giuria che gli
ha poi attribuito il riconoscimento massimo, era una maestra del
cinema più autoriale e rarefatto come l’argentina Lucrecia Martel.
Certo, ora sappiamo tutti che </span><i style="font-family: inherit;"><b>Joker</b></i><span style="font-family: inherit;"> è molto
lontano, e artisticamente più ambizioso, dagli standard dei film di
super eroi, che pure negli ultimi anni si sono guadagnati, oltre a
enorme successo di pubblico, l’interesse e le lodi di molta
critica. E il Leone d’Oro al film di Todd Philips non può certo
considerarsi una bizzarria. Era certamente il titolo più spiazzante
e forse il più riuscito della selezione, con un ovvio punto di forza
nell’interpretazione di Joaquim Phoenix, ma soprattutto in grado di
costruire un universo cinematografico relativamente inedito
nonostante gli evidenti omaggi al cinema del passato (noir classico e
Martin Scorsese in testa). La scelta di renderlo così visibile,
nella collocazione in concorso, è perfettamente in linea con la
tendenza del festival degli ultimi anni di ambire a essere una
vetrina per gli Oscar dell’anno successivo. È quasi certo
che </span><i style="font-family: inherit;">Joker</i><span style="font-family: inherit;"> concorrerà ai premi dell’Academy,
polemiche sulla presunta violenza, a mio avviso infondate,
permettendo. </span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><br /></span></div>
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<br />
<div style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: inherit;">E
altri film del programma qualche settimana dopo la presentazione a
Venezia sono stati scelti dai loro paesi di produzione come candidati
all’Oscar per il miglior film straniero. Benché accolti molto
tiepidamente, <i><b>A herdade</b></i><b> </b>e <i><b>The
Painted Bird</b></i><b> </b>sono stati selezionati da Portogallo
e Polonia e la loro dimensione narrativa romanzesca sembra in linea
con i gusti piuttosto tradizionali della kermesse americana. </span></span></div>
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<br />
<div style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: inherit;">Molte,
comunque, le delusioni del concorso. Con la parziale eccezione dei
due titoli cinesi. <i><b>No.7 Cherry Lane</b></i> è il primo film di
animazione di Yonfan, un veterano del cinema di Hong Kong, carico di
suggestioni esistenziali ed erotiche, che ha vinto il premio per la
migliore sceneggiatura. Purtroppo, <i><b>Saturday Fiction</b></i> di
Lou Ye e interpretato dalla massima diva asiatica Gong Li,
stilizzatissimo noir spionistico in bianco e nero, dalla regia
movimentata e virtuosistica, perde narrativamente quota e ritmo nella
sezione conclusiva. </span></span></div>
</div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit; font-size: x-small;"></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 12pt;"><span style="font-size: 12pt;"><br /></span></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: 12pt;"><span style="font-size: 12pt;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfKw2GriJ1DyF4bYxhcIVE-VhtQqhjZmm1XVjzKkQ4TkKD_heWp5TpgdnjlFBKA6Em8NwSdhmshcuY_BvYdFj4yMzzYINv6aKO77mRLYT10f-DtrPWEYIg1wAATrAqoVnD9G9Zw9o77lUW/s1600/J%2527accuse.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; display: inline !important; float: right; font-size: 20pt; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="999" data-original-width="736" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgfKw2GriJ1DyF4bYxhcIVE-VhtQqhjZmm1XVjzKkQ4TkKD_heWp5TpgdnjlFBKA6Em8NwSdhmshcuY_BvYdFj4yMzzYINv6aKO77mRLYT10f-DtrPWEYIg1wAATrAqoVnD9G9Zw9o77lUW/s320/J%2527accuse.jpg" width="235" /></a></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div style="font-style: normal; font-variant: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm; orphans: 2; widows: 2;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: inherit;">Benché
premiato con il Gran Premio della Giuria, <i><b>J’accuse </b></i><b>(</b><i><b>L’ufficiale
e la spia</b></i><b>)</b> il film in cui Roman Polanski tenta
uno spericolato paragone fra la sua vicenda giudiziaria e quella di
Alfred Dreyfuss, perseguitato nella Francia di fine 800 perché
ebreo, è incalzante e moderatamente appassionante, ma la sua
estetica non si discosta molto da quella di una fiction televisiva di
lusso.</span></span></div>
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<br />
<div style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal; line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;"><span style="font-family: inherit;">Se
nell’edizione precedente della Mostra, alcuni dei punti forza della
selezione erano targati Netflix, quest’anno i due titoli proposti
non possedevano certo il fascino di quelli firmati da Cuaron e dai
fratelli Coen. <i><b>The Laundromat (Panama Papers)</b></i> è
una divertente commedia sullo scandalo finanziario che ha investito
gli Stati Uniti qualche anno fa, con simpatici siparietti brechtiani
e interpretata ovviamente benissimo da Meryl Streep, Gary Oldman e
Antonio Banderas. Ma <i><b>Marriage Story</b></i> di Noah
Baumbach, con Scarlett Johansson e un ottimo Adam Driver, che
nonostante il titolo racconta la storia di un divorzio, non ha
l’incisività e la durezza necessaria per rimanere nella memoria,
preferendo toni agrodolci e consolatori. Ma le delusioni più forti
sono arrivati da autori di culto cinefilo e dall’affermazione
relativamente recente. A cominciare da Pablo Larraìn, acclamato per
il suo sguardo personale e spietato sulla recente storia cilena in
film come <i>Tony Manero</i>, <i>Il club</i> e <i>Post
Mortem</i>, che con <i><b>Ema</b></i> racconta la crisi di
una coppia e del loro tentativo di adottare un bambino in un
baracconesco pasticcio ambientato nel mondo della danza devastato da
brutte coreografie e insopportabile musica reggaeton. Proseguono le
delusioni con il film che ha aperto la manifestazione, <i><b>Le
verità</b></i><i> </i>del giapponese Hirokazu Kore’eda,
reduce dalla vittoria a Cannes appena lo scorso anno. In trasferta
parigina, Kore’eda firma una commedia falsamente pungente, che
neppure la grandezza di una Catherine Deneuve dai perfetti tempi
comici riesce a salvare dall’inconsistenza.</span></span></div>
</div>
</div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-family: inherit; font-size: small;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLXbaRHbUTahr5YNDcbN4cbQpEJ9zOLCYACgt531HwCsPaKsq9OOql4pziMCZupK48ISxPOfUp6oAFYYFpO6SracYwUxWvmSLx_LE7hzg2GdgUtUkcXA1xEGCRPTQfINf__tOShIBy5ifF/s1600/barbarian.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="675" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgLXbaRHbUTahr5YNDcbN4cbQpEJ9zOLCYACgt531HwCsPaKsq9OOql4pziMCZupK48ISxPOfUp6oAFYYFpO6SracYwUxWvmSLx_LE7hzg2GdgUtUkcXA1xEGCRPTQfINf__tOShIBy5ifF/s320/barbarian.jpg" width="216" /></a></span><br />
<br />
<span style="font-family: inherit; font-size: small;"><br /></span>
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</style>
<br />
<div style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: inherit;"><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">E
un altro cineasta in trasferta, il colombiano Ciro Guerra,
recentemente segnalatosi per </span></span><span style="color: black;"><i>El
abrazo de la serpiente</i></span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;"> </span></span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">e </span></span><span style="color: black;"><i>Oro
verde</i></span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">,
alle prese con </span></span><span style="color: black;"><i><b>Waiting
for the Barbarians</b></i></span><span style="font-variant-east-asian: normal; font-variant-numeric: normal;"><span style="color: black;">,
una produzione italiana girata in inglese con un cast di star (Mark
Rylance, Johnny Depp e Robert Pattinson), non sfugge alla maledizione
che incombe su questo genere di coproduzioni internazionali, spesso
insapori e senz’anima.</span></span></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="western" style="line-height: 100%; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "times" , "times new roman" , serif; font-size: large;"> <b>Pier
Paolo Ronchetti</b></span></div>
<br /></div>
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</style>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-41567228911333353292019-09-16T18:22:00.002+02:002020-03-25T15:38:28.375+01:00Solomon Kane a fumettiCronologia italiana semplificata di Solomon Kane a fumetti:<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiY6N6ywlF9C9HUeIcrYxYzLQjnkhHtn6_hqbVBibVTz7UpcO60NiuqHOku1aUFVwgXlqlxiYtalknR1NHsb_rcGBVPobPl7GqiBsSFgJ3J1CLYhmADcX0kyy7WQvG_eImAdgHSgx1KH6Ps/s1600/CDP2.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="838" data-original-width="640" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiY6N6ywlF9C9HUeIcrYxYzLQjnkhHtn6_hqbVBibVTz7UpcO60NiuqHOku1aUFVwgXlqlxiYtalknR1NHsb_rcGBVPobPl7GqiBsSFgJ3J1CLYhmADcX0kyy7WQvG_eImAdgHSgx1KH6Ps/s200/CDP2.jpg" width="152" /></a></div>
Su <b><i>Il Corriere della paura</i> 2</b> dell'Editoriale Corno del 1974 (storia tratta da Monsters Unleashed 1 del 1973, poi ristampata nel 2017 su <i>La saga di Solomon Kane</i> 1 di Panini Comics)<br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBzbygCW7-jM2fX5U-ODlcbW3Xy_DcUg6RCeQSJGCsLnbHUh62UWpK17Du2aCUFKBGCpYCHrmQxhHrzWwxZ156XadmghdHZRG-QgeVCpMfhdSjEfwyf1YssLQRZu_8jIahannMTcFHk6Wn/s1600/generate_thumb.php.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="616" data-original-width="400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjBzbygCW7-jM2fX5U-ODlcbW3Xy_DcUg6RCeQSJGCsLnbHUh62UWpK17Du2aCUFKBGCpYCHrmQxhHrzWwxZ156XadmghdHZRG-QgeVCpMfhdSjEfwyf1YssLQRZu_8jIahannMTcFHk6Wn/s200/generate_thumb.php.jpeg" width="129" /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh81jhY0AT-v7-QAEEmaYAmIi0HvHCechnBtxmkEKyk_mlIjDVkFD6Mcz7cR95Zkd00JKSDvZLuocu-BfXGPBTUTTf85Nb9yxl9TH1YjX5G0gGRaQ5bCeC-W1fEaaIJIJaeelq_RxocyFZX/s1600/s-l600.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="398" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh81jhY0AT-v7-QAEEmaYAmIi0HvHCechnBtxmkEKyk_mlIjDVkFD6Mcz7cR95Zkd00JKSDvZLuocu-BfXGPBTUTTf85Nb9yxl9TH1YjX5G0gGRaQ5bCeC-W1fEaaIJIJaeelq_RxocyFZX/s200/s-l600.jpg" width="132" /></a>Su <b><i>Thor </i></b>dell'Editoriale Corno nn. 221/222 del 1979 (tratti da Marvel Premiere<i> </i>33/34 del 1977, Marvel Comics)<br />
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;"><br /></span>
<span style="text-align: center;">Su </span><i style="text-align: center;"><b>Alien </b></i><span style="text-align: center;">5 del 1986 della Labor Comics (storia da The Sword of Solomon Kane 1 del 1985/86, Marvel Comics)</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuH-svILYYnO_37h4wRGlPQkZBhnTEI7BYREbaOXo2jcUZS6KMUJm6huC_F9e2IQlEx3MwNJtW_CW8DZ87AUehYZCng4HHo3AaFeSZ7l9cr3EMXz0i8BfG9z3ucMvyouRl1HlJwG8-15Ze/s1600/CB63.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"></a></div>
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7gwMeSPBsTQXwq35fr6qLXpIOQAmFa5yZzWaK5hUwqUi2RyAS3mwDg6CKbFBBrNztDbxmKMnEQl-GhsDnEONP1CiwSKaor-hJOdtHf7jdQXAgsi7EMoVTLGmciuakvCL71uYD8Os2SPHR/s1600/alien5.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="397" data-original-width="285" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7gwMeSPBsTQXwq35fr6qLXpIOQAmFa5yZzWaK5hUwqUi2RyAS3mwDg6CKbFBBrNztDbxmKMnEQl-GhsDnEONP1CiwSKaor-hJOdtHf7jdQXAgsi7EMoVTLGmciuakvCL71uYD8Os2SPHR/s200/alien5.jpg" width="143" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><br /></td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuH-svILYYnO_37h4wRGlPQkZBhnTEI7BYREbaOXo2jcUZS6KMUJm6huC_F9e2IQlEx3MwNJtW_CW8DZ87AUehYZCng4HHo3AaFeSZ7l9cr3EMXz0i8BfG9z3ucMvyouRl1HlJwG8-15Ze/s1600/CB63.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuH-svILYYnO_37h4wRGlPQkZBhnTEI7BYREbaOXo2jcUZS6KMUJm6huC_F9e2IQlEx3MwNJtW_CW8DZ87AUehYZCng4HHo3AaFeSZ7l9cr3EMXz0i8BfG9z3ucMvyouRl1HlJwG8-15Ze/s200/CB63.jpeg" width="130" /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijLbxM1ZnfWUVXkOgSB2crWgMXlNrdkhQpJAu45b8KpWFyxuuAM9LMF265nY-8WZELdxUXWrrwmFjlwrTu45tSuT61yVP9H0Reyu3wgXCtCbxMVFKZ538xGru_7iIVROWeIHbvupl1GwAs/s1600/CB64.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="608" data-original-width="400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEijLbxM1ZnfWUVXkOgSB2crWgMXlNrdkhQpJAu45b8KpWFyxuuAM9LMF265nY-8WZELdxUXWrrwmFjlwrTu45tSuT61yVP9H0Reyu3wgXCtCbxMVFKZ538xGru_7iIVROWeIHbvupl1GwAs/s200/CB64.jpeg" width="131" /></a>Su <b><i>Conan il Barbaro</i></b> di Marvel Italia nn. 63/68 del 1994 (tratti da The Sword of Solomon Kane 1/6 del 1985/86, Marvel Comics)<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmsA7kinal2R72NIbY23C88iborkRdzNEfvEP9FDcTKPur3h0c0RLoyy_6ceytuEYHVzWf25-J1rRzrSlazEnp0o_1mj5dsh9WKjFqnyCjSYlizhcqi143DUJYOL5QlgfUalLJ8EotOAoP/s1600/CB65.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="621" data-original-width="400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmsA7kinal2R72NIbY23C88iborkRdzNEfvEP9FDcTKPur3h0c0RLoyy_6ceytuEYHVzWf25-J1rRzrSlazEnp0o_1mj5dsh9WKjFqnyCjSYlizhcqi143DUJYOL5QlgfUalLJ8EotOAoP/s200/CB65.jpeg" width="128" /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqQr5-HH0hnwHFMF2wQ-M3dt4doKMjZeM1UhBXVBHOLCPn-UwhE54aEAwCnlBD4wbfjBE3XrjWGiRwtjbzOMNlY5c1W9idSV_ETkxLakRwm7xks6t19PiVmHJqaok2rKCcD-sEcrPks-yg/s1600/CB66.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiqQr5-HH0hnwHFMF2wQ-M3dt4doKMjZeM1UhBXVBHOLCPn-UwhE54aEAwCnlBD4wbfjBE3XrjWGiRwtjbzOMNlY5c1W9idSV_ETkxLakRwm7xks6t19PiVmHJqaok2rKCcD-sEcrPks-yg/s200/CB66.jpeg" width="130" /></a><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_bLPbbUDMhqheJzVIg49Snvsi_BJACS7gHHALHtNo6adPO9_Ydt8G5fTu-ZEsuFIVgUNfuzPdg3RkWGk68i6wuJIqK_GnzIJ6BUZKPQFhYnH5Fh7sNNQs0_OCa2xaqezxlrDv-hY6JHuq/s1600/CB67.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="619" data-original-width="400" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_bLPbbUDMhqheJzVIg49Snvsi_BJACS7gHHALHtNo6adPO9_Ydt8G5fTu-ZEsuFIVgUNfuzPdg3RkWGk68i6wuJIqK_GnzIJ6BUZKPQFhYnH5Fh7sNNQs0_OCa2xaqezxlrDv-hY6JHuq/s200/CB67.jpeg" width="128" /></a></div>
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<br />
<br />
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<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoXk4yyPpX3gWSd92dP_lKLzNnXWZe1skdeCp5BuzgpwWG6YiQnZpAlyuAQSoy0LcleP_bR6rNPuLFkcVDivLgnVHwW4TqkIsNARIjPRBkn-vPn5nc3D-AJO8-c_UQq3DLerU5WNojLOBP/s1600/msolo001isbn_0.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="411" data-original-width="270" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjoXk4yyPpX3gWSd92dP_lKLzNnXWZe1skdeCp5BuzgpwWG6YiQnZpAlyuAQSoy0LcleP_bR6rNPuLFkcVDivLgnVHwW4TqkIsNARIjPRBkn-vPn5nc3D-AJO8-c_UQq3DLerU5WNojLOBP/s200/msolo001isbn_0.jpg" width="131" /></a></div>
Su <i><b>Collezione 100% Cult Comics: Il castello del diavolo</b></i> di Panini Comics del 2009 (tratto da Solomon Kane 1/5 della Dark Horse del 2008/09).<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilLnBifb6ckt7fUdHa0F6-Viha5GitQgT4ypZB96cST74hwE8FR6SCQAnUU5TCPFJobmcRKqaQdKWayG_KLOcpfwRh6WVG3ZueciusaLEqpR0oHUdd4oBvsxv27eburOhC8BZ_pJP4JZ8x/s1600/81CxoZNmLLL.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1223" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilLnBifb6ckt7fUdHa0F6-Viha5GitQgT4ypZB96cST74hwE8FR6SCQAnUU5TCPFJobmcRKqaQdKWayG_KLOcpfwRh6WVG3ZueciusaLEqpR0oHUdd4oBvsxv27eburOhC8BZ_pJP4JZ8x/s200/81CxoZNmLLL.jpg" width="152" /></a></div>
Su <i><b>Solomon Kane: I Cavalieri neri della morte</b></i> (Collana Cosmo Serie Verde) di Editoriale Cosmo del 2017 (tratto da Solomon Kane Volume 2: Death's Black Riders tpb del 2010).<br />
<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9kvMHd1zQkGmHYki3yNIS7qdEtJyiXq5FnFJrGXqelWRztM-lMLVmiJfv1YNrNGcguCEIQVUoMWlvlCFhKx0piPtxH07pu46ydo3xjchOxW2p1G0moKQJr-Q70x6WnOk5OG7rNY7Zc2JL/s1600/MSOKA001ISBN_0.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="742" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9kvMHd1zQkGmHYki3yNIS7qdEtJyiXq5FnFJrGXqelWRztM-lMLVmiJfv1YNrNGcguCEIQVUoMWlvlCFhKx0piPtxH07pu46ydo3xjchOxW2p1G0moKQJr-Q70x6WnOk5OG7rNY7Zc2JL/s200/MSOKA001ISBN_0.jpg" width="148" /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjD5G2UAhR2xuZVNmwwfYDGaDPGfi7E2ytp2thThi9Pk8J7cqNp-Ft-yUMdqSGpIAyYSz7KnwPZOtB4TyVsUa4kGLgjkjymGE18QfinupizIgYvz8IS22By7WF2lCw33ceyTfO40SdRld_I/s1600/MSOKA002ISBN_0.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="742" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjD5G2UAhR2xuZVNmwwfYDGaDPGfi7E2ytp2thThi9Pk8J7cqNp-Ft-yUMdqSGpIAyYSz7KnwPZOtB4TyVsUa4kGLgjkjymGE18QfinupizIgYvz8IS22By7WF2lCw33ceyTfO40SdRld_I/s200/MSOKA002ISBN_0.jpg" width="148" /></a><br />
Su <i><b>La saga di Solomon Kane</b></i> 1/2 di Panini Comics del 2017/18 (tratti da Kull and the Barbarians 2/3,
Monsters Unleashed 1, Dracula Lives! 3,
Savage Sword of Conan 13/14, 18/20, 22,
25/26, 33/34, 37, 39, 41-53-54-62-83-162- 171-219-220,
Marvel Preview #19, Conan Saga #50 del 1973/94)<br />
<br />Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-85532242461243553102019-04-02T15:56:00.002+02:002019-04-02T19:26:23.383+02:00Nuova grafica! Aggiornati tutti i link ai miei siti e alle mie interviste. Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-69183509734164107422012-02-03T14:50:00.000+01:002012-02-03T14:50:08.970+01:00un ricordo di Sergio Bonelli<div style="font-family: Arial,Helvetica,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Non ho mai capito se Sergio Bonelli conoscesse il mio nome. Probabilmente, dopo avermi visto quella decina di volte in compagnia di Marco Lupoi, mi associava come faccia ai suoi collaboratori, ecco tutto. In quei casi, d'altronde, quando lo incontravo non parlavo mai, limitandomi a sorrisoni un po' scemi. Dopotutto, non sapevo mai cosa dirgli in quelle vesti. Forse che per me era stato un grande onore scrivere di fumetti Bonelli per I classici del fumetto di Repubblica? Come lettore, però, l'ho avvicinato almeno un paio di volte, soprattutto per chiedergli quando avrebbe scritto una nuova storia di Mister No, personaggio che ho seguito per anni e anni soprattutto grazie a un amico. Mi ricordo come fosse ieri che mi prese la mano e me la strinse, rivelandomi che lui ormai era diventato una specie di fattorino e non scriveva più: cosa che poi smentiva regolarmente scrivendo un'altra bella di storia. Di certo, era felice della mia domanda, perché sapeva che io non soltanto amavo i fumetti, ma quelli che lui scriveva. Solo una volta ho però ascoltato una sua conferenza, anche se non era partita come tale. Fu durante una trasmissione di Daria Bignardi a cui fui invitato diciamo come “figurante del popolo del fumettari”. A una domanda piuttosto insidiosa della giornalista sull'argomento fumetto/arte, Bonelli con la sua parlantina convinse chiunque, anche il più irriducibile che i fumetti erano, non soltanto la nona arte, ma anche frutto di artigiani bravissimi. </span></div><div style="font-family: Arial,Helvetica,sans-serif;"><span style="font-size: small;">E adesso che Bonelli non c'è più? Adesso ci occorrono ancora tante e tante persone come lui. Spargete la voce, popolo dei fumettari. </span></div>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-1741802860540163982.post-18894187877058468022008-06-23T16:41:00.000+02:002008-06-23T16:52:30.119+02:00Mantova Comics 2007 - translating Brian Bendis<object width="425" height="344"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/coV0gQmOozw&hl=en"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/coV0gQmOozw&hl=en" type="application/x-shockwave-flash" width="425" height="344"></embed></object>Max Brighelhttp://www.blogger.com/profile/09862236273827567456noreply@blogger.com